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MONZESI
Alberto Montrasio
Intervista di Carlo Vittone sul  libro MONZESI - cinquanta personaggi della città


Alberto Montrasio    Nato a Monza nel 1937, frequenta la scuola d'arte Borsa in Villa Reale e prestissimo comincia a collaborare alla galleria d'arte di famiglia nata nel 1939 con sede in via Carlo Alberto. A questo impegno alterna l'attività pittorica – già partecipando a soli 19 anni al Premio Pittura Città di Monza – e lunghi viaggi di studio all'estero. Nel 1963 subentra alla direzione della Galleria, nel frattempo trasferitasi in Via De Amicis. Qui inizia una fervida stagione espositiva indirizzata all'arte contemporanea. In quegli anni quelle mostre portarono a Monza i maggiori artisti della cosiddetta “generazione di mezzo”. Nel 1974 la galleria si trasferisce in Via Cortelonga, continuando nell'attività espositiva e alternando personali con rassegne di gruppo a tema. La collaborazione della Galleria Montrasio è stata spesso richiesta da varie amministrazioni comunali ed enti anche a livello nazionale, da celebri istituzioni e musei. Dal 1999 la Galleria Montrasio di Monza è ospitata in Via Carlo Alberto ma la feconda tradizione artistica e galleristica della famiglia Montrasio prosegue nell'attività dei figli Ruggero e Francesca che recentemente hanno aperto una seconda galleria nel quartiere di Brera a Milano. Alberto Montrasio è anche stato per un decennio presidente del Sindacato Nazionale Mercanti d'Arte per la regione Lombardia, di gran lunga la più rappresentata.

foto di Fabrizio Radaelli


Con i folti capelli bianchi tenuti un po' lunghi, proprio “all'artista”, e gli scaffali dietro alla scrivania colmi di cataloghi, il suo studio appare come un piccolo museo, con decine di opere alle pareti. Inizia a parlare lentamente, ma non appena il discorso cade sull'arte il tono si infervora, si sente che la passione è davvero viva e bruciante.

Signor Montrasio, la sua famiglia rappresenta ormai tre generazioni di galleristi. Ma come nasce questa passione?

Dobbiamo risalire addirittura a mio nonno. Già lui, di nome Antonio lavorava come decoratore di porcellane e ceramiche con un'attività commerciale. Furono i suoi figli, Luigi e Piero che aprirono la prima galleria a Monza, che altri non erano che mio padre e mio zio. E subito si specializzarono nelle opere dell'800 italiano, in particolare della scapigliatura lombarda. Inutile dire che io respiravo “aria e arte” in casa e che fin da giovanissimo in galleria ebbi la possibilità di conoscere personalmente alcuni tra i più grandi maestri del '900. Volli anch'io dedicarmi alla pittura e realizzai mostre in tutta Italia. Poi però prevalse la continuazione dell'esperienza professionale di famiglia e quasi quarant'anni fa presi direttamente in mano le redini della galleria. Oggi i miei figli mi affiancano e proseguono, anche estendendola, l'attività di galleristi.

Nella sua nota biografica si legge che Lei ha anche spesso collaborato ad iniziative promosse dall'Amministrazione Comunale, mettendo a disposizione la sua esperienza e i suoi mille contatti.

Sì, è accaduto più volte. Veda, io ho sempre considerato la mia galleria non solo come un fatto meramente commerciale ma anche culturale. E quindi ho sempre cercato di favorire le iniziative espositive che nascevano nella mia città. Nel 1969, nel cinquantenario della morte di Eugenio Spreafico collaborai con il Comune di Monza per la prima mostra commemorativa dedicata all'artista, seguita da una seconda nel 1988. Nel 1979-80 progettai la mostra “La pittura a Monza dall'Appiani al Bucci” (dalla quale è stato tratto un libro edito dalla Pro Monza) , “Emilio Borsa” nel 1982 e 1984, poi collaborai a “Mosé Bianchi e il suo tempo” nel 1987, “Pompeo Mariani nel 1978 e nel 2002 e in molte altre occasioni ancora. L'elenco è davvero lungo. L'ultima in ordine di tempo è forse “La Brianza dipinta” nel 2000, e vorrei anche ricordare anche “Una stagione in Brianza: Chighine, Meloni, Borlotti” nel 1980

Dunque può darci un giudizio meditato sulla politica espositiva del Comune in questi ultimi anni.

Non ne sono molto soddisfatto. Credo si dovrebbe soprattutto fissare un calendario con congruo anticipo, perseguire un progetto chiaro e dare più continuità all'attività espositiva. E poi sviluppare maggiormente l'interesse dei critici, quelli ufficiali e importanti, coinvolgere di più la stampa e fare più pubblicità. E invece noto molta lentezza, come un tirare avanti su un carretto un po' scassato. La città di Monza rischia di cadere nel provincialismo. In questo settore invece merita molto di più.

Per esempio?

Per esempio io comincerei a mostrare le opere della nostra pinacoteca, che contiene anche alcuni pezzi di grande valore magari presso il salone dell'Arengario, che è la sede più frequentata. In passato fu fatto in alcune occasioni, ma occorre proseguire su quella strada perché c'è ancora molto da scoprire per il grande pubblico. Almeno finché non riavremo una pinacoteca cittadina.

Già, c'è anche il problema degli spazi espostivi. Per esempio, cosa vedrebbe nell'ala Nord della Villa Reale?

Credo che il progetto di un museo dell'800 italiano, formulato nei primi anni '90, conservi inalterata la sua validità. Certo, si dovrebbero stringere accordi con Milano, sia col Comune che con Brera e con altri musei nazionali, ma sarebbe una carta vincente perché anche in questo caso nei magazzini milanesi sono conservate molte opere non visibili al grande pubblico. E poi un museo di questo tipo sarebbe un unicum in Italia e sicuramente godrebbe di grande attenzione dalla critica e dal pubblico. Molti pittori del secondo Ottocento italiano come i Macchiaioli, i Piemontesi e la stessa “Scapigliatura” non sono affatto inferiori agli impressionisti.

E tornando al Serrone?

Il Serrone è uno spazio bellissimo, potrebbe avere grandi potenzialità anche per la scultura. Ma anche la Galleria Civica di Via Camperio andrebbe rivalutata. Per esempio potrebbe essere uno spazio dedicato ai giovani artisti emergenti. Ce ne sono tanti e molti davvero validi. E poi si potrebbero fare altre cose.

Per esempio?

Rilanciare il premio di pittura “Città di Monza”, che un tempo era molto importante. Teniamo presente che invitando grandi maestri ad esporre, essi lascerebbero opere di pregio per la Pinacoteca, come avvenuto in passato, cosa che è stata riproposta di recente con acquisizioni per i musei da parte dei Rotary locali. Insomma io sono convinto di una cosa: che l'arte in Italia e anche a Monza è la nostra principale risorsa, si devono investire energie e soldi per valorizzare il nostro immenso patrimonio.

Concordo perfettamente. Resta il problema che non sempre i soldi ci sono per fare quello che Lei chiede

Sì lo so, ma prenda il problema degli sponsor, che al giorno d'oggi costituiscono una delle grandi fonti di finanziamento delle mostre d'arte. In realtà gli sponsor per iniziative d'arte a Monza ci sarebbero, c'è ricchezza e imprenditoria in questa città, ma hanno anche bisogno di vedersi proporre dei progetti validi, mostre che abbiano senso, pregnanza, qualità. E non è necessario correre sul mercato straniero, ripeto che secondo me possiamo partire dal tessuto locale, da casa nostra, è solo un problema di buona preparazione e organizzazione.

E dei monzesi in generale cosa pensa?

Beh, le nuove generazioni sono in grande movimento, mentre le precedenti restano più legate alla tradizione. Ma questo è normale e Monza non costituisce un'eccezione. Piuttosto mi pare importante un'altra cosa ai fini del nostro discorso.

E cioè?

Che i monzesi amano molto l'arte e dunque il terreno è fertile per iniziative in campo artistico. Ma la vuol sapere una cosa? Sapesse quante opere hanno collezionato nelle loro case le famiglie monzesi, opere di grandi artisti acquistate sia per investimento che per autentica passione. Se venissero allo scoperto ci sarebbe materiale per fare non una ma tre mostre di alto livello.

Ma sarebbe possibile?

E perché no?

Carlo Vittone


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 20 dicembre 2003